Da un primo test lo “stub” si evince che sui due giovani non c’erano tracce di polvere da sparo e quindi non avrebbero sparato.
Ma per gli inquirenti le incongruenze sarebbero davvero molte. Non è ancora chiaro, infatti, se il maresciallo conoscesse o meno il suo assassino, così come da definire la dinamica dell’accaduto. Il settantaduenne ha spiegato di aver suonato al citofono dell’abitazione del sottufficiale chiedendo di poter salire, ma Taibi non ha aperto ed è sceso. Forse proprio e solo questo ha salvato la vita dei suoi familiari, visto che l’omicida aveva un numero impressionante di cartucce con sé.
L’altro elemento è il racconto di Vingozzi. L’omicida racconta di aver parlato con il maresciallo nell’intento di farsi riconoscere. Versione che fa a pugni con quanto dicono alcuni conoscenti del maresciallo: Taibi sapeva chi fosse quell’uomo. Si erano già confrontati.
Attesi dunque in settimana da Roma gli esiti degli esami del guanto di paraffina che gli inquirenti auspicano possano fornire elementi validi per fugare almeno qualche dubbio.