Lavoro

In cinque anni 193mila toscani in pensione

Il sistema produttivo aprirà a oltre 265mila lavoratori per sostituire chi lascia il posto per limiti di età e per coprire nuove posizioni

Sono 193.100 i toscani che fra il 2023 e il 2027 andranno in pensione, aprendo nel mercato del lavoro toscano un fabbisogno occupazionale a cui si aggiungeranno nuovi profili legati alla crescita economica prevista in quel quinquennio. Secondo la stima dell’ufficio studi della Cgia di Mestre - che ha elaborato i dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal sia a livello nazionale che regionale - nei prossimi cinque anni il sistema economico produttivo regionale richiederà 265.100 nuovi addetti, il 72,8% dei quali proprio in sostituzione dei futuri pensionati.

In Italia secondo la legislazione vigente si prepara ad andare in pensione nei prossimi 5 anni poco meno del 12% dei lavoratori, per un valore assoluto di circa 2,7 milioni di occupati in gran parte nel settore privato.

Lungo lo Stivale l’esodo interesserà maggiormente Basilicata, Liguria, Abruzzo, Piemonte, Molise e Veneto.

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La domanda di lavoro che si aprirà riguarderà specialmente i settori del commercio e del turismo, i servizi e il sistema salute.

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Ma per la parte datoriale il quadro del fabbisogno occupazionale di prospettiva cozza con i timori di non riuscire a reperire il personale da reclutare. Nello scenario un ruolo importante è giocato dal progressivo invecchiamento della popolazione e dalla denatalità che in Toscana galoppa a livelli record.

"Il progressivo invecchiamento della popolazione sta provocando un grosso problema al mondo produttivo. Da tempo, ormai, gli imprenditori denunciano la difficoltà di trovare sul mercato del lavoro personale altamente qualificato e/o figure professionali di basso profilo. Se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali a causa del disallineamento che in alcune aree del Paese si è creato tra la scuola e il mondo del lavoro, per le seconde, invece - è l'analisi contenuta nel report della Cgia di Mestre - sono opportunità di lavoro che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono 'coperti' dagli stranieri. Una situazione che nei prossimi anni è destinata a peggiorare".