Attualità martedì 09 marzo 2021 ore 09:54
La tecnica d'archivio nell'arte contemporanea

La memoria del gesto artistico contemporaneo e la pratica archivistica proprio come atto d'arte sono al centro del prossimo incontro a cura del mudaC
CARRARA — Si parla dell'importanza delle tecniche d'archivio come spazi di memoria del contemporaneo artistico nel nuovo appuntamento in diretta streaming con cui prosegue il ciclo Del contemporaneo. Linguaggi, pratiche e fenomeni dell’arte del XXI secolo promosso dal Comune di Carrara e curato dalla direttrice del mudaC Laura Barreca in collaborazione con l'Accademia di Belle Arti di Carrara e con il supporto tecnico di Nausicaa Spa. In questa occasione sono protagoniste la storica dell'arte Cristina Baldacci e l'artista Linda Fregni Nagler.
La data da segnare in agenda è quella di venerdì 12 marzo, quando per partecipare all’incontro basterà collegarsi a partire dalle 18 alla pagina Facebook del mudaC. Nel corso della conversazione, coordinata da Laura Barreca, Cristina Baldacci - che insegna storia della fotografia all'università Ca' Foscari di Venezia - ripercorrerà attraverso il suo libro Archivi impossibili. Un’ossessione dell’arte contemporanea la lunga e articolata storia dell’interesse per la pratica archivistica ricomponendo il ricco mosaico dei ruoli, dei significati, delle forme (mappa/atlante, album/diario, museo/Wunderkammer, schedario/database) che l’archivio ha assunto nel corso del tempo e la sua rilevanza come opera d’arte, quindi come sistema classificatorio atipico e, per certi versi, impossibile.
Linda Fregni Nagler è un’artista che lavora principalmente con il medium fotografico. E' nata a Stoccolma e vive a Milano, dove si è diplomata nel 2000 e dove insegna al master di fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e presso la Nuova Accademia di Belle Arti (NABA). Il suo lavoro è una ricerca alle origini dello sguardo moderno e si concentra sul medium fotografico e la sua storia, attraverso una pratica che intreccia le caratteristiche del lavoro dell’artista, quelle dello studioso e del collezionista. Il suo studio è, prima ancora che luogo di produzione, un luogo di ricezione dove, dopo un percorso di scelta e raccolta meticolose, le fotografie confluiscono per essere rielaborate e riattivate, per assumere così nuovi significati.
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