Punti di vista: da Palladio a Jaén
di Gianni Micheli - martedì 16 luglio 2024 ore 09:00
Il punto di vista, il punto da cui ti metti a guardare. Sei lì, in piedi o seduto, e guardi. E ti relazioni con il mondo. Sembra scontato ma un punto di vista può mettere tutto in discussione. Tutto. Anche un punto di vista se ti fermi a guardare, la stessa cosa, da un'altra parte. Da un altro punto. Ed è un esercizio che forse, per non dire sicuramente, dovremmo tutti fare più spesso.
Un affascinante omaggio al punto di vista, nella sua essenza geometrica ma anche individuale e filosofica, l'ho trovato in questi giorni a Vicenza, una città che con il punto di vista ha una relazione fortissima, caratterizzante. Un matrimonio, oserei dire, con un Punto di Vista con la P e la V maiuscole: quello di Andrea Palladio, certo il più famoso architetto e scenografo del Rinascimento e il più influente, tant'è che esiste una voce specifica sul dizionario, palladianesimo, mentre la città di Vicenza e le ville palladiane del Veneto sono uno dei patrimoni dell'umanità UNESCO.
Se Palladio è il mare un soggiorno a Vicenza è come stare sulla sabbia a guardare un orizzonte di acqua, onde e risacche. Non c'è dubbio tuttavia che il concentrato palladiano dell'espressione del punto anzi dei punti di vista sia quel capolavoro che è il Teatro Olimpico, il primo e più antico teatro stabile coperto dell'epoca moderna. Tanti e tali sono i punti di vista espressi dal Teatro Olimpico di Vicenza che, una volta all'interno, con lo sguardo su quel proscenio possente che resta impresso negli occhi, conviene sedersi in più punti per prenderne atto e resistere alla vertigine. Come fanno in tanti.
Se quello di Palladio è il punto di vista a cui si è unita Vicenza, fino al 4 ottobre, tuttavia, l'idea contemporanea, divergente, di come un punto di vista possa dare inizio ad un'inaspettata visione e discussione sul mondo e su noi stessi, è osservabile nella mostra dedicata a Javier Jaén presso la sede vicentina delle Gallerie d'Italia, a pochi passi proprio del Teatro Olimpico. Un po' come se sulle onde del mare palladiano si fosse alzato un vento ironico e ribelle, per scompigliare rette e punti di fuga.
A non tutti, forse, il nome Javier Jaén dirà qualcosa ma di certo vi parleranno, in forma ciarliera, a volte con un sussurro, a volte urlando, a volte tirandovi uno schiaffo in piena faccia, ogni singola opera della mostra di quest'artista spagnolo (Barcellona, 1983) che ha collaborato con The New York Times, The New Yorker, The Washington Post, Time, Harvard University, National Geographic, El País, Penguin Random House, Vueling Airlines e UNESCO e che dice delle sue opere: "Il mio lavoro principale è la traduzione. Traduco concetti e storie in immagini”.
Traduzione e traslitterazione. Per chi è in cerca di un luogo dove sedersi e guardare, per farsi un punto di vista o toglierselo dalla testa, non c'è posto migliore.
Gianni Micheli