DIZIONARIO MINIMO: Uomini & gatti
di Libero Venturi - domenica 06 maggio 2018 ore 09:41
Alcune delle più apprezzabili differenze tra il mio gatto e me.
Lui è nero e io sono bianco, ma questo non è mai stato un problema fra noi. È vero che sono tempi difficili per l’integrazione e le diversità, però è bene resistere.
Essendo nero, ha fama di portare anche male. C’è letteratura. A me non va così alla grande e darei volentieri la colpa a lui, ma temo che ciò abbia a che fare, al solito, con destino o responsabilità. Dice che se un gatto nero ti attraversa la strada è un guaio, ma è peggio se lo fa un’auto in corsa. In Giappone invece pensano che i gatti neri portino fortuna, sono più preoccupati dagli tsumani.
Lui miagola e io parlo italiano, nessuno dei due conosce un’altra lingua. Così non è facile intendersi, ma, come gli italiani sono bravi a comunicare a gesti, anche i gatti dispiegano una notevole gestualità: con moine, sgraffi e strofinamenti vari riescono sempre a farsi capire.
Lui si fa lunghe ed accurate toilette, a colpi di lingua, durante tutto il giorno, io sono un po’ più sommario e sbrigativo la mattina in bagno, anche se me la cavo e recupero con qualche doccia e il deodorante. Nessuno dei due ha un grande rapporto con l’acqua.
Lui non beve molto o almeno non lo dà a vedere. Anch’io faccio lo stesso con il vino. Acqua invece dovrei berne tanta, per via dei reni, ma al dottore non gli ho mai dato troppo retta né soddisfazione.
Mangia quasi esclusivamente crocchette, io assai più raramente, ma nessuno dei due è vegetariano o, tanto meno, vegano. Non abbiamo problemi, né ci facciamo scrupoli di sorta con la nostra catena alimentare.
Lui piscia e caca in maniera disordinata. Anche per me, fra prostata e intestino, non sarebbe tanto diverso. Magari lui fa tutto in una lettiera. Anzi, è campione mondiale di lancio della lettiera: per coprire i suoi bisogni corporali lancia i maledetti granelli, bisogni stessi compresi, fuori del recipiente, spargendoli per tutta la stanza. Oltre i peli che semina ovunque. I gatti, diceva la mia nonna, sono bestie pulite. Penso si riferisse alle intenzioni e al quadro generale.
Lui non esce di casa e nemmeno io più di tanto. Certo lui proprio per niente, perché lo costringo, a volte scappa solo sulle scale. Sta alla finestra o sul terrazzo a guardare e spesso anch’io.
Lui è stato castrato, io capace dovrei operarmi alla prostata. Non ha conosciuto l’amore: forse per questo è nervoso. Io almeno l’ho conosciuto: forse per questo sono nervoso.
Lui non fa un cazzo dalla mattina alla sera. Da quando sono in pensione nemmeno io.
Lui probabilmente pensa che io sia un altro gatto, più grande, sgraziato e anormale con la stazione eretta e solo due arti buoni per camminare, incapace di slanci, scarso di unghie, più debole di vista e di udito. Io invece lo so che è un gatto e che siamo due bestie sole.
Io leggo e scrivo, ascolto musica. Lui no. Ma la conoscenza ed il sapere sono tutto in natura e nella vita. Per questo alcuni di noi da scimmie siamo diventati uomini e alcuni di loro da felini sono rimasti gatti. E qui sta la superiorità della razza umana: prova ne è il sovraffollamento del pianeta.
Io guardo la tivvù, lui, per lo più, se ne disinteressa. È superiore. A volte, se sullo schermo appaiono delle bestie, sta in osservazione e in guardia, poi gira circospetto dietro il televisore e, quando capisce che non c’è nulla, niente di cui preoccuparsi, si rimette a dormire. Come me del resto.
Lui fa le fusa, io no. Non capisco nemmeno come fa e da dove gli vengono. Forse ricorda la sua mamma, quando gli dava il latte e lui le premeva la pancia con le zampe per farlo uscire. Per questo mi “fa le paste” addosso. Io la mia mamma non me la ricordo quasi più. Era tanto tempo fa.
Buona domenica e buona fortuna.
Pontedera, 6 Maggio 2018
Libero Venturi