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martedì 15 ottobre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Charlie

di Marco Celati - mercoledì 06 marzo 2024 ore 08:30

Sono stato all’inaugurazione della nuova sede di Charlie, il Telefono Amico, quello per i giovani in crisi con le dipendenze, con la vita o con sé stessi. Sono tanti quelli che chiamano, per parlare, per sentirsi meno soli e meno disperati, per sentire una voce umana. L’edificio dove era prima Charlie, sopra l’Asilo di Via Corridoni, ex Onmi, non era più agibile ed è stato messo in vendita dal Comune. La nuova sede del Telefono Amico è stata ricavata con una brillante ristrutturazione nell’ex Biblioteca dei Ragazzi, già sede del Piccolo Teatro e del Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale, nonché della Filarmonica “Volere è Potere”, dietro l’ex Biblioteca Comunale ed ex Casa della Cultura, già Villa Crastan.

I Crastan, è noto, sono una famiglia svizzera che venne da noi dall’Engadina, nella seconda metà dell’Ottocento: erano imprenditori che lavoravano, e lavorano ancora, in campo alimentare. La cicoria, surrogati, caffè, torrefazione. Come i Pitschen, altra famiglia elvetica, che a Pontedera avevano un Bar Pasticceria a metà del Corso. Il mio nonno Gastone ci lavorava come cameriere. Sì, Gastone, come la maschera di Petrolini, che la mamma chiamava Tone per risparmiare il Gas. Per noi invece era il nonno Gasto: mai stati troppo parsimoniosi, né smancerosi, in famiglia. Molti imprenditori svizzeri, vennero in Italia, specialmente in Toscana: migrarono, contribuendo al progresso economico sociale, oltre che proprio, anche della comunità e del Paese di adozione. A Pontedera, pur mantenendo un’aura di riservatezza “aristocratica”, si imparentarono con la borghesia locale, si fecero costruire palazzi patrizi dall’architetto Bellincioni, un archistar di quei tempi. Anche l’editore Vieusseux, era di origine svizzera, pur se un po’ francese, e a Firenze inventò il gabinetto: quello scientifico letterario. Ci lavorò Montale, ma il fascismo lo allontanò: non era iscritto. A Mazzini piaceva la Svizzera, diversi protagonisti del Risorgimento, che disdegnavano il “giogo” sabaudo, propugnavano un’Italia non unita sotto la monarchia, ma repubblicana e confederata. Neutrale. Anche ad un mio amico, fieramente e competentemente intellettuale, piace il “neutralismo” svizzero. Mah! Con il re -se Dio vuole, e anche il popolo c’ha messo del suo- è finita come è finita. Noi italiani eravamo da secoli calpesti e derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi” e ancor oggi non brilliamo per unità di intenti, se si fosse stati, anziché uniti, confederati, saddio! In quanto neutrali avremmo evitato il fascismo e l’entrata in guerra? E il nazismo? Comunque con i “se” e con i “ma” non si fa la storia, ma solo il presente. Chissà il futuro.

Insomma a ripensare a tutto ciò che di “ex” e di “già” quel luogo, la Villa Crastan, è stato, si attraversa un secolo e mi smarrisco, mi prende la malinconia. Ma poi penso ad Eraclito, che tutto scorre, e sono contento per Charlie. Ho fatto parte della Cooperativa il Ponte da cui il Telefono, diventato una fondazione, è nato e da cui è sorto il Centro Terapeutico La Badia, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa che è intervenuta anche per la nuova sede di Charlie, insieme al Comune e agli altri sostenitori. Penso ai Presidenti della fondazione pisana: Bracci Torsi e ora Del Corso come a due galantuomini. L’unica cosa che ignoravo è che della Villa Crastan quei locali fossero state le Scuderie. Nientemeno! Non l’ho trovato da nessuna parte, ma sarà stato senz’altro così. E allora, quando il Presidente della Fondazione Charlie, Angelo Migliarini, un caro amico di vecchia data, mi ha invitato, gli ho detto: vengo come inviato della rivista “Cavalli & Segugi”! Ucciderei per una battuta, sono un timido aggressivo. O forse “un cazzone avariato”, come il protagonista di “Notting Hill”, da cui la battuta è tratta. A proposito, tra le altre cose, dietro la Villa, c’era anche lo spazio del Cinema sotto le Stelle. L’arena all’aperto che raccoglieva la tradizione dei due cinema che un tempo, nell’altro secolo, allietavano le notti estive di Pontedera: l’Aurora in Piazza Belfiore e l’Andrea nell’attuale Piazza Mazzinghi. “Notting Hill” però non ricordo se sia stato proiettato al Cinema Sotto le Stelle che chiuse i battenti ben presto, trasferito vicino al Cineplex per l’incompatibilità acustica e sentimentale verificatasi con un’abitazione delle sue vicinanze.

Bei tempi quelli del Piccolo Teatro! Ne furono interpreti eccezionali Giovanna Daddi, Dario Marconcini che avevano ripreso l’esperienza dell’Autunno Pontederese di Dino Carlesi, Angelo Susini e del teatro in piazza del dopoguerra. Pontedera del resto non è mai stata una città primaverile, l’Autunno gli calzava meglio. Poi arrivò Roberto Bacci e sorse il Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale. Quegli anni di compresenza del Piccolo con il Centro furono i più fervidi. Discussi, ma fervidi e fervidi perché discussi. Quel teatro non era museo, tradizione negligente, era novità in costruzione su una base che c’era. Io ci capivo poco o niente, però ne ero affascinato. È agli ignoranti che serve sapere, studiare, imparare qualcosa. Pontedera, una città operaia, scelse il “novum” per il “notum”. È pericoloso -anche il nuovismo spesso lo è- ma, pericolo per pericolo, scelgo il “novum”. Lo fece Lucrezio nella Roma di Cicerone, il primo secolo A.C.: annuncio cose inaudite, res novae! Fu talmente fagocitato che di Cicerone si sa tutto e di lui niente. Damnatio memoriae, congiura del silenzio. S’inventarono la cazzata che fosse impazzito o morto per un filtro amoroso. Ma il “De Rerum Natura” è giunto a noi e ha ispirato epicurei e non solo, ha ispirato la poesia, la ragione ed i secoli. Poi il Centro Teatrale emigrò in Via Manzoni e, dopo un tempo infinito, arrivò il Teatro Era, che speriamo resti “centro”. Attrattivo e non implosivo o, peggio, omologato. Anche la Cooperativa il Ponte fu una risposta nuova, nacque dall’Associazione delle famiglie e dette, non una soluzione, ma una risposta ai ragazzi che avevano problemi di droga e di dipendenze. E la risposta fu il Centro Terapeutico La Bianca, realizzato in una casa colonica acquisita e donata dal Comune. Il Centro fu molto discusso: se ne chiedeva più una contabilità economica che una contabilità sociale. Ma innovativo era il rapporto trigemino tra Comune, Sanità pubblica e Cooperazione sociale. Il Telefono Amico nacque in quel contesto. La città avanzava e dalla Bianca, si andò alla Badia.

Infine, a proposito delle cose che non si sanno bene e chissà se sono verità o diceria di untori, c’è la storia della donazione della Villa Crastan al Comune nel dopoguerra. La Villa divenne la Biblioteca Comunale, finché non si trasferì nel Dente Piaggio, e la Casa della Cultura dove molti di noi si sono formati. Dove ho fatto politica, prima ancora che nelle sezioni del PCI e nei circoli dell’Arci, dove ho parlato con Fortini, Del Giudice, Luperini e con chissà chi altri che se la memoria mi servisse a qualcosa sarebbe meglio. Ma la riservatezza della famiglia Crastan non ha mai confermato o fatto trapelare niente circa un fatto che si diceva: che, oltre ad uno slancio munifico di generosità e riconoscimento verso la città che li aveva ospitati, ci fosse stato un evento tragico, un dolore insopportabile, alla base di quel lascito. Un familiare, un figlio, sarebbe morto nel giardino della Villa. Un colpo di fucile, pare: incidente o suicidio. Non si sa se è avvenuto. E se è avvenuto la pietà ne ha coperto la memoria. Non si trova da nessuna parte. Come le Scuderie. In un angolo appartato della Villa ricordo solo un cippo spezzato, davanti ad una panchina dove si andava a fare all’amore, dove dissi al mio fratellino Carlo che nostra madre, poco più che quarantenne, sarebbe morta e lui chiese: non la vedrò più? Forse fu lì che tutto avvenne. O sono solo voci che si rincorrono come sempre sulla vita e la morte.

Ecco come concludo. Che ciò che sorge, declina e finisce. Le cose e i viventi. Ed è terribile e stupefacente, come questo avvenga nel tempo, con lenta rapidità. Ogni volta abbiamo dato una nuova vita alla Villa e poi i mutamenti e l’abbandono ne hanno segnato il corrompimento, lo scialo. Forse sarà nella nostra natura. Ma è anche nella nostra natura e comunità riprendere, ricreare, rinascere, dare vita alla morte e ancora altra vita, infinitarsi. E ci sono tempi per seminare e per raccogliere, ma anche semine o raccolti andati perduti. E ci sarà chi dimentica e chi ricorda. Così mi piace pensare a questo. Che se ne fanno tante e si scontano tutte, ma qualcosa s’indovina. E che, grazie a Charlie, ci sarà di nuovo qualcuno in quelle stanze e dintorni: volontari operosi, giovani e giovani antichi, persone, non gente qualunque, persone. E ci sarà chi parla e chi ascolta. Ci saranno voci che chiedono e voci che rispondono.

Pontedera, Marzo 2024

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati