Le maratone nel tango argentino
di Maria Caruso - domenica 20 novembre 2016 ore 08:00
Per maratona s’intende una gara di corsa, sia maschile sia femminile, nell’ambito dell’atletica leggera. Il tango argentino rubando tale termine l’ha fatto suo e liberamente ha messo in pratica gli eventi in tal senso. A qualcuno venne l’idea di non limitare la voglia di ballare ma di prolungarla a oltranza per almeno tre giorni. Chi non è dell’ambiente o chi non è mai stato a una manifestazione del genere, non può rendersi conto della realtà dei fatti.
Rispetto alle gare olimpiche dove talvolta assistiamo a collassi e a malori in dirittura d’arrivo, quelle milonguere hanno uno svolgimento meno traumatico e anche se non sono rilasciate medaglie, in che le ha frequentate rimane sicuramente un segno. Completare una maratona di tango non è considerato uno sforzo supremo e di solito è alla portata di tutti i tangueri disposti a dedicare del tempo alla propria passione. Si tratta ad ogni modo di un’attività che logora i tangueri solo in alcuni casi specifici.
Si sceglie di andare a una maratona di solito quando sentiamo di aver consolidato le basi del ballo, dal momento cioè in cui ballare il tango, non è più sofferenza ma puro divertimento. Esiste un vasto catalogo di scelta sulle maratone: possiamo partecipare a quelle locali relativamente vicine fino a spingerci oltre oceano, soldi permettendo. Generalmente il costo della maratona non è elevato ma se aggiungiamo i soldi per il viaggio, per il pernottamento e per il pranzo (dove non in tutte le maratone è compreso) è ovvio che il budget disponibile sia quello che decide.
Senza descriverne nessuna in particolare condivido con voi un miscuglio di esperienze personali raccontandovi qualche particolare di vita vissuta. Decido per la prima volta di partecipare a una maratona a qualche ora di viaggio da dove abito. Tali manifestazioni si prenotano con largo anticipo poiché appena aperte le iscrizioni (specie per alcuni rinomati eventi) i tangueri si precipitano a compilare la registrazione online e la disponibilità dei posti si esaurisce in un batter d’occhio come se si giocasse, a “rischia tutto”.
Ovviamente predispongo tutto con cura. Nel mio immaginario consideravo di dover ballare sia di pomeriggio sia di sera per tre giorni di fila e quindi non dovevo prevedere ogni imprevisto come quando si potrebbe pescare nel “gioco di monopoli”. Ordino mentalmente gli abiti e gli eventuali cambi comprensivi di scarpe e accessori per ogni momento ed evito di usarli per non sporcarli fino al giorno della partenza.
Le settimane precedenti mi metto un po’ a dieta e faccio stretching tutti i giorni per mantenere i muscoli caldi. Poi accade come per magia di ritrovarmi al banco di registrazione dove mi “indossano” un braccialetto identificativo che consente ai tangueri di avere libero accesso sia in entrata sia in uscita. Ovvio che non deve essere tolto nemmeno sotto la doccia e che i più romantici tengono al polso finché non si autodistrugge, oppure è tagliato e conservato come cimelio da ricordare durante la vecchiaia.
Mi danno le istruzioni e le indicazioni su come si svolgerà l’evento e faccio il mio ingresso nel locale, dove si ballerà di lì a poco. Inizialmente tutto nella norma come di solito accade nelle milongas pomeridiane. Mi cambio le scarpe e do un’occhiata generale ai presenti in sala che aumentano numericamente con lo scorrere del tempo. Finalmente si balla. Mi fa ballare un tanghero non locale e mi tiene lì per più di una tanda. Rimango un po’ perplessa ma mi adeguo. Mi viene detto che è normale nelle maratone ballare più di una tanda insieme.
Si scalda l’ambiente e le persone cominciano a prendere confidenza tra loro. Non c’è la corsa dell’invitare poiché si suppone che ci sia tempo per fare tutto. I tempi sono dilatati e ho l’impressione di stare sospesa per aria. Osservo la gente che si saluta poiché si riconosce e noto che per loro è quasi scontato il ritrovarsi, come se si fossero dati un tacito appuntamento durante la maratona precedente. A quel punto inizia la corsa vera e propria trasformando l’ambiente da normale a maratona.
I tangueri si danno un gran da fare per ballare con la tale o con il tale con cui si era trovato tanto bene… E la puntuale gavetta la devo scontare anche qui, come durante le mie prime milongas giacché anche in questi eventi, devi essere conosciuta. I tangueri non conservano lo stesso posto durante i tre giorni ma nomadi si spostano per chiacchierare con qualcuno e anche per cambiare prospettiva e mirare altri/e ballerini/e.
Si siede accanto a me un tipo ma non per fare due chiacchierare anche se mi sorride a mo’ di saluto. Io sto fumando la mia sigaretta elettronica e lui si gira di scatto quasi a indicarmi che la nuvoletta di fumo gli dia noia. Senza proferire parola smetto per educazione e istintivamente tamburello sulla sedia il tempo musicale delle note del momento. Mi riguarda di nuovo con disappunto e a quel punto gli dico: “Come mai sei venuto a pascolare qui?”. Spiego il significato della frase e mettendosi a ridere cambia postazione dimostrando di avere un minimo di intelligenza che compensa lo scarso stile e la poca eleganza nel rivolgersi a una dama.
Dal secondo giorno comincio a ricevere inviti anche da parte di chi ho conosciuto il giorno prima e ovviamente entro nel vivo della maratona adeguandomi al clima. I primi segni di stanchezza s’intravedono nei presenti e i bagni diventano dei mini appartamenti, dove i tangueri lasciano un po’ di tutto. Tutti possono usare tutto: deodoranti, dentifricio, salviettine, ecc. In fin di serata i tangueri stravaccati si sdraiano sui divanetti e qualcuno ci schiaccia perfino un pisolino nonostante ci sia la musica a tutto volume.
Il terzo giorno accade circa la stessa cosa, anche se il tutto è vissuto con maggiore intensità poiché in quel momento ci rendiamo conto che inizialmente l’avevamo presa un po’ alla leggera e abbiamo la sensazione di non aver sfruttato tutte le potenzialità messe a disposizione dall’evento. Fine delle maratona. Saluti e abbracci. Promesse per rivedersi ancora l’anno dopo oppure in qualche altra maratona.
Durante il viaggio di ritorno, insieme ai dolori muscolari post maratona, rielabori l’evento: smorfie per i brutti episodi e sorrisi per i bei ricordi. Insegnamenti infine da mettere in pratica durante la prossima maratona che farai… perché fatta una volta la farai di nuovo.
Maria Caruso