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giovedì 10 ottobre 2024

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

​Gli “eventi esterni”, la post-democrazia e l’assenza di soggettività delle masse

di Adolfo Santoro - sabato 28 ottobre 2023 ore 08:00

Colin Crouch
Colin Crouch

In un’epoca post-industriale, caratterizzata dal crollo dell’occupazione, ma anche post-moderna, in cui sono crollate le grandi narrazioni dei secoli precedenti, il sociologo e politologo inglese Colin Crouch ha coniato il termine “post-democrazia” nel suo omonimo libro del 2003.

Per Crouch le democrazie avanzate, pur rimanendo “democrazie”, si stanno avviando verso una nuova forma di oligarchia, in cui le possibilità di partecipazione per i cittadini vengono progressivamente ridotte, mentre prendono il sopravvento altre forme di decisione, delegate a centri di potere “esterni”, che si muovono, altrove, all’interno del liberismo e del sovranismo populistico: i burocrati, i tecnocrati, gli organi intergovernativi, le lobby, le imprese economiche e i media. Questi centri di potere legittimano i loro interessi a scapito della collettività; i cittadini si allontanano dalla politica ed il processo elettorale democratico diventa “una campagna di marketing basata abbastanza apertamente sulle tecniche di manipolazione usate per vendere prodotti… Anche se le elezioni continuano a svolgersi e condizionare i governi, il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato, condotto da gruppi rivali di professionisti esperti nelle tecniche di persuasione e si esercita su un numero ristretto di questioni selezionate da questi gruppi. La massa dei cittadini svolge un ruolo passivo, acquiescente, persino apatico, limitandosi a reagire ai segnali che riceve. A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall'integrazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici.”.

Il degrado della comunicazione politica è stato favorito dall’introduzione della televisione privata, controllata da interessi privati e concentrata in poche mani. Ne sono stati un esempio Rupert Murdoch e Silvio Berlusconi: “Silvio Berlusconi ha organizzato l’intera campagna elettorale del centrodestra alle elezioni politiche attorno al suo personaggio, disseminando ovunque sue gigantografie opportunamente ringiovanite, in forte contrasto con lo stile assai più partitocentrico che l’Italia aveva adottato dopo la caduta di Mussolini. Invece di usare questo argomento per contrattaccare, l’unica risposta immediata del centrosinistra è stata identificare un individuo abbastanza fotogenico tra i suoi leader allo scopo di imitare il più possibile la campagna di Berlusconi.”.

Nello scorso secolo la democrazia ha compiuto una parabola, il cui tracciato ha avuto una fase ascendente, la “pre-democrazia”, in cui le forme di democrazia erano embrionali. È seguita una fase “pienamente democratica”, in cui l’entusiasmo per la partecipazione politica ha raggiunto un picco: le masse hanno avuto le opportunità di partecipare attivamente alla definizione delle priorità della vita pubblica, non solo attraverso il voto, ma soprattutto con la discussione e con le organizzazioni autonome. Dall’inizio di questo millennio, infine, sta subentrando la fase discendente della post-democrazia, che non è un ritorno alla fase pre-democratica, in quanto la democrazia è mantenuta nella sua forma, pur essendo svuotata nella sostanza. 

Questo declino è riconducibile a vari fattori: lo sfaldamento della classe operaia e delle appartenenze religiose, la crescita di poteri economici transnazionali (globalizzazione e capitalismo finanziario in un quadro neoliberista), le reazioni dei mercati, ubiquitari e impersonali, che hanno reso marginali le scelte “democratiche” dei singoli stati. I segni della post-democrazia sono il corporativismo, la frammentazione della restante popolazione, il welfare che assume un ruolo sempre più residuale destinato al povero bisognoso piuttosto che parte dei diritti universali di cittadinanza, i sindacati che vengono relegati ai margini della società, il ritorno al “ruolo dello Stato come poliziotto e carceriere”, il continuo e incessabile ampliarsi delle disuguaglianze, la tassazione che serve poco alla redistribuzione del reddito, i politici che rispondono in prima istanza alle esigenze di un pugno di imprenditori ai quali si consente di tradurre i propri interessi particolari in linee di condotta politica generale, i poveri che smettono progressivamente di interessarsi al processo politico e sempre meno vanno a votare tornando volontariamente alla posizione che erano obbligati a occupare nella fase pre-democratica, il forte degrado della comunicazione politica con l’immagine sempre più preminente “che un programma di partito sia un prodotto che i politici tentino di venderci”. In questa alienazione, anche mediatica, internet è stato, per lo più un fattore di aggravamento della crisi: “In principio pensavo che internet potesse costituire una soluzione a questo problema, nella misura in cui permetteva finalmente alle persone di avere accesso diretto e diffuso all’informazione, in cui offriva ai movimenti sociali un insieme di strumenti del tutto nuovi per organizzarsi e mobilitarsi, in cui consentiva di rendere pubblici i comportamenti scandalosi di politici e grandi aziende. E per tanti versi questa è stata davvero una rivoluzione, una liberazione. 

Quello che avrei dovuto prevedere, invece, è il modo in cui i gruppi di potere e i più ricchi avrebbero potuto acquisire il controllo di questi strumenti. C’è una battaglia in corso, sulla regolamentazione dell’informazione. Credo che i governi finiranno con il concordare nel voler reagire alle distorsioni messe in atto dai gruppi mediatici, per esempio quando la presenza di migliaia e migliaia di persone online viene simulata, costruita ad arte. Per la semplice ragione che possono facilmente essere usate per delegittimarli. È chiaro da qualche tempo ormai che gruppi legati a Trump e Putin stiano lavorando sottobanco per influenzare la politica di un certo numero di Paesi. Ora, di questo un governo non può che essere spaventato. Serve regolamentazione. Non per restringere l’accesso, al contrario: per garantire un accesso realmente aperto.”.

Nel 2020 Crouch ha pubblicato “Combattere la postdemocrazia”, in cui si concentra sull’analisi dell’insorgenza delle tendenze politiche sovraniste, contrarie alla globalizzazione. Egli non identifica immediatamente il sovranismo col populismo, che, anzi, con la sua rozza rumorosità potrebbe scuotere le élites autoreferenti verso la ripresa del movimento democratico; ma molte correnti populiste sono criticabili per l’opzione politica o per l’indifferenza verso i processi di globalizzazione, ma soprattutto per un “pessimismo nostalgico”, non solo come “passatismo”, ma anche come attaccamento a privilegi perduti o sperati; queste contraddizioni indirizzano il populismo verso l’insofferenza alle regole e ai controlli da parte del potere statuale e delle istituzioni regolative intermedie. Esempi di questo vitalismo irrazionalistico sono esempi l’irresistibile ascesa di Trump, il successo della Brexit ed il populismo-trash di Berlusconi e Salvini.

Dopo aver scartato le catastrofiche chiusure sovraniste, Crouch vede come via maestra la democratizzazione degli organismi sovranazionali, non solo di istituzioni come l’Ue, ma anche organismi internazionali come Ocse, Fmi e Banca mondiale, e altre istituzioni non elettive che proteggono la democrazia: giudici, stato di diritto, autonomia delle banche centrali (almeno entro i limiti di direttive di lunga durata), servizi statistici, informazione, corte di giustizia europea. Fondamentale per lui è inoltre il rinnovamento di una sana opinione pubblica che metta fine allo strazio dell’attuale politica-spettacolo.

È efficace la ricetta di Crouch? Nella sua analisi sembra trascurare alcune cose:

a) il capitalismo è inerte rispetto ai tentativi di correzione e disciplina,

b) senza un socialismo democratico socialmente radicato, senza una distinzione rispetto agli interessi concreti dal capitale e alla cultura politica liberale, senza la valorizzazione di punti alternativi di forza e di critica, avviene l’appiattimento nel neo-liberalismo,

c) (soprattutto) altri eventi “esterni catastrofici” si aggiungono ai già ingombranti “eventi esterni” dell’oscuro potere finanziario: il mondo “post-” si caratterizza per gli eventi catastrofici che sono avvenuti, avvengono e continuano a profilarsi all’orizzonte, come il Covid, la sessantina di guerre che stanno svolgendo in questo momento nel mondo, gli esodi di popolazione e, soprattutto, la minaccia dell’inabitabilità della Terra per l’uomo come conseguenza del riscaldamento climatico. Tutto ciò sembra significare che noi sappiamo da dove siamo venuti, ma non sappiamo dove siamo e dove stiamo andando. Ne consegue, citando Claudio Lolli, un senso di precarietà, che “… ci punta un dito sulla schiena, il suo ricordo ci addolora, la sua presenza ci spaventa, e se le mani si toccano senza comprensione, il gioco vince dieci volte, perde forze, l'immaginazione salta di palo in frasca … in questa vita distratta ed interrotta…”.

Adolfo Santoro

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