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sabato 14 dicembre 2024

FAUDA E BALAGAN — il Blog di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

ALFREDO DE GIROLAMO - Dopo un lungo periodo di vita vissuta a Firenze in cui la passione politica è diventata lavoro, sono tornato a vivere a Pisa dove sono cresciuto tra “Pantere”, Fgci, federazione del partito e circoli Arci. Mi occupo di ambiente e Servizi Pubblici Locali a livello regionale e nazionale. Nella mia attività divulgativa ho pubblicato i libri Acqua in mente (2012), Servizi Pubblici Locali (2013), Gino Bartali e i Giusti toscani (2014), Riusi: da rifiuti a risorse! (2014), Giorgio Nissim, una vita al servizio del bene (2016), SosteniAMO l'energia (2018), Da Mogador a Firenze: i Caffaz, viaggio di una famiglia ebrea (2019). ENRICO CATASSI - Storico e criminologo mancato, scrivo reportage per diversi quotidiani online. Svolgo progetti di cooperazione internazionale nei Paesi in via di sviluppo. Curatore del libro In nome di (2007), sono contento di aver contribuito, in piccola parte, ad Hamas pace o guerra? (2005) e Non solo pane (2011). E, ovviamente, alla realizzazione di molte edizioni del Concerto di Natale a Betlemme e Gerusalemme. Gli autori insieme hanno curato i seguenti libri: Gerusalemme ultimo viaggio (2009), Kibbutz 3000 (2011), Israele 2013 (2013), Francesco in Terra Santa (2014). Voci da Israele (2015), Betlemme. La stella della Terra Santa nell'ombra del Medioriente (2017), How close to Bethlehem (2018), Netanyahu re senza trono (2019) e Il Signor Netanyahu (2021).

La Tunisia dopo la primavera araba

di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - lunedì 15 gennaio 2018 ore 21:54

La Tunisia è a rischio di deragliare. Da giorni la collera dei giovani per il carovita da infiamma le piazze delle periferie, sprigionando violenza e saccheggi. E lo stato risponde con l'esercito per reprimere, e contenere, la protesta. La scintilla che ha fatto esplodere la rivolta è stata l'introduzione di una finanziaria di sangue e dolore: imposte alzate per i beni di prima necessità, dalla benzina ai generi alimentari. Austerità che colpisce anche telefoni e internet. E c'è chi pensa che l'unica alternativa è imbarcarsi per l'Italia.Da quando è stata “romanticamente” rovesciata la dittatura sette anni fa, la Tunisia ha attraversato un periodo travagliato e drammatico con l'acutizzarsi del terrorismo. 

I progressi compiuti sul piano dei diritti, introdotti sull'onda del “successo” della Rivoluzione dei Gelsomini, si sono arenati, la fase di transizione non ha scardinato il nepotismo, il sistema di corruzione e l'apparato burocratico del vecchio regime ha mantenuto saldamente il controllo del potere. Mentre, il persistere della crisi economica che attanaglia le famiglie ha minato la fiducia nell'esecutivo di Youssef Chahed, la cui popolarità è ai minimi.La disoccupazione è intorno al 15%. Un terzo dei giovani non ha sbocchi professionali. Per coloro che hanno un lavoro il problema è il basso livello del salario, la media è 150€ al mese. Il quadro macroeconomico è altrettanto debole. Inflazione che supera il 5%, con il dinaro, la valuta locale, in picchiata. Crescita deludente, con il deficit commerciale che sfiora i 6 miliardi di dollari. L'industria del turismo, una volta il pilastro dell'economia del Paese, a causa degli attentati è a terra e non riesce a sollevarsi.Usa, Francia, Italia insieme a molti altri stati europei hanno, nel corso di questi anni, messo a disposizione del governo di Tunisi piani d'assistenza considerevoli, con centinaia di milioni di dollari in crediti, vendita di armi, condivisione dell'intelligence e programmi di cooperazione in vari settori chiave. Azioni insufficienti a curare una situazione endemica.

Un anno dopo la fine della dittatura di Ben Ali i sondaggi indicavano che il 70% della popolazione avrebbe preferito una democrazia ancora instabile e imperfetta piuttosto che un governo autoritario. Gli ultimi rilevamenti ribaltano completamente l'opinione della gente, la maggioranza assoluta è oggi convinta che la democrazia è un lusso che non vale la candela: più pane meno libertà, lo slogan demoralizzante che accompagna il dissenso.Un secolo prima dell'anno zero, il grande impero di Cartagine nel Maghreb era alla vigilia della sua caduta e distruzione per mano di Roma. Un crollo che minaccia di ripetersi dopo duemila anni, con l'attuale governo assediato non dalle legioni dei centurioni romani ma da: tassi di prestiti internazionali, terrorismo, crisi economica e disfunzione politica. Se la Tunisia, in collaborazione con la Comunità Internazionale, non riuscisse a trovare una soluzione - a frammentazione e disuguaglianze sociali - il primo effetto che ci dobbiamo aspettare è una ondata di rifugiati e migranti. La destabilizzazione della Tunisia provocherebbe di riflesso un vuoto anche nell'ideologia araba. 

Segnando la fine della credibilità del sogno di un possibile modello di democrazia esportabile nel Medioriente, dilaniato da interminabili conflitti e orrende guerre civili. Altro caos nelle sollecitate regioni della sponda meridionale del Mediterraneo andrebbe inoltre, ad alimentare il diffondersi della metastasi jihadista nelle aree più povere, dove cellule terroristiche trovano terreno fertile, protezione e base organizzativa.Le elezioni legislative e presidenziali previste per l'anno prossimo sono cruciali per verificare l'assetto democratico. Arrivare a quella data fatale senza riforme salariali e sviluppo occupazionale, con l'esercito a presidiare le strade, non è il modo migliore per mostrare che nel mondo arabo la “primavera” può ancora fiorire. 

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Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

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