Un vertice che rimarrà nella storia
di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - martedì 29 marzo 2022 ore 16:00
In Israele è stata scritta una nuova pagina delle relazioni internazionali in Medioriente. Per la prima volta nella storia quattro ministri degli esteri arabi, Marocco, Egitto, Bahrain ed Emirati Arabi Uniti hanno partecipato ad un vertice in quello che sino a qualche anno fa veniva considerato uno stato non riconosciuto, e potenzialmente nemico. La due giorni di riunioni svoltosi nel Negev sono la logica e diretta continuazione degli Accordi di Abramo, stipulati nel 2020 alla Casa Bianca, sotto l'egida di Trump, che, assieme a Netanyahu, tuttavia, non ha potuto raccogliere i frutti maturi dell'idea. Entrambi, hanno dovuto lasciare ai rispettivi successori, Biden e Bennett, l'implementazione del progetto, e i meriti.
A fare gli onori di casa alle delegazioni giunte nella splendida cornice del Kedma Hotel di Sde Boker è stato il capo della diplomazia israeliana Yair Lapid, ma la vera guest star dell'evento è stato il segretario di stato statunitense Antony Blinken. In un summit disegnato appositamente per compiacere l'ospite americano, interessato a placare qualche preoccupazione di troppo sorta recentemente tra gli alleati. E determinato a sondare il grado di fedeltà di amici che mal digeriscono essere coinvolti nei dossier Cina e ovviamente quello più scottante della Russia.
Tra le dune del deserto israeliano a poca distanza dalla tomba del padre fondatore della patria David Ben Gurion, che nel kibbutz Sde Boker trascorse i suoi ultimi anni, dopo essersi ritirato a vita privata, è stata posta un altra pietra miliare della “normalizzazione” dei rapporti verso Israele, finalizzata alla realizzazione di un “architettura regionale avanzata” del Medioriente. Trattasi, molto semplicemente, della condivisione di una comune strategia anti Teheran. Mentre, in contemporanea a Vienna è in atto una complessa trattativa sul nucleare iraniano. Negoziati che il governo israeliano non gradisce, determinato ad impedire che gli ayatollah si possano mai munire della bomba atomica.
Nel Negev tra i convitati al summit non si è parlato solo di nucleare e minaccia sciita. Ma anche di gas, per l'esattezza liquido, le cui forniture dovrebbero andare a colmare il vuoto dell’approvvigionamento russo nel mercato europeo. Il principio di far diventare la sponda meridionale del Mediterraneo la fonte energetica alternativa per l'Europa è una delle opzioni messe sul tavolo, dall'amministrazione Biden.
Ad offuscare gli incontri l'attentato compiuto a Nord di Tel Aviv da una cellula terroristica, e rivendicato dall'Isis. Il secondo in una settimana che lascia una scia di morti. Allarmante messaggio recapitato nel bel mezzo dei colloqui, per screditarne l'esito. E far sentire la persistente nociva presenza nel teatro mediorientale della violenza.
Infine, da segnalare l'assenza palestinese. Qualcuno non ha pensato ad invitarli e qualcuno altro ha voluto tenerli in disparte. “Le giovani generazioni palestinesi hanno perso la speranza nella politica Occidentale e in quella araba”, ha commentato sul quotidiano Haaretz la blogger Sheren Falah Saab.
Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi