La forza di Boris Johnson
di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - lunedì 10 maggio 2021 ore 11:48
Nel canale della Manica, nelle acque antistanti l'isola britannica di Jersey, causa Brexit, tra Francia e Gran Bretagna si è rischiata la collisione frontale, arrivando ad evocare un potenziale scenario di guerra. Il motivo della crisi diplomatica è il pesce dei fondali di Jersey, paradiso fiscale e geograficamente più vicina al Continente che alle bianche scogliere di Dover. Acciughe, capesante e merluzzi che l'entrata in vigore del divorzio da Bruxelles ha limitato ai pescherecci francesi. Parigi, per ritorsione alle misure restrittive introdotte, ha minacciato di staccare la luce all'isola. Mentre, Londra schierava le navi della marina militare in difesa del proprio baliato.
Qualche spiacevole incidente ha coinvolto barche di pescatori francesi e britannici, speronamenti e scambio di offese. Episodio non nuovo alla storia. Sul finire dell'800 quando a venir meno fu l'unità politica dell'alto Adriatico, sotto il dominio di Vienna, il diritto di pesca divenne materia di contenzioso. Accordi e trattati internazionali sulla navigazione e il commercio non fermarono le violenze tra pescatori del Regno d'Italia e quelli austro-ungarici. Vandalismi che videro fronteggiarsi per anni chioggiotti contro triestini e croati. Ai giorni nostri si sono buttati nella zuffa del pesce, sbraitando, sia il premier Johnson che il presidente Macron, il primo nelle vesti improbabili di novello ammiraglio Nelson, eroe di Trafalgar, l'altro nei panni della brutta copia di Napoleone.
Il caso Jersey è così diventato oggetto di propaganda e persino materia di campagna elettorale. Impervia e lunga fino al 2022 per Macron, in vista delle prossime presidenziali alla ricerca della riconferma all'Eliseo. Strada in discesa invece per il primo ministro Johnson, intenzionato a restare a Downing street il più possibile, dopo essersi risollevato nei gradimenti grazie alla campagna di vaccinazione, ha passato indenne il “referendum” sul suo operato. Come ampiamente dimostrato dal risultato alle amministrative del “Super Giovedì”, dove i conservatori si sono confermati maggioritari in Inghilterra. Pur perdendo la corsa all'assemblea del Galles e anche al parlamento della pro-secessionista Scozia.
Bruciante delusione per l'opposizione laburista, sconfitta nell'elezione del seggio vacante a Westminster per la circoscrizione di Hartlepool, roccaforte rossa travolta da scandali e crollata fragorosamente. Provocando una sfilza di critiche, interne ed esterne, a Sir Keir Starmer, successore di Corbyn alla guida del partito. Nell'ammettere le proprie responsabilità Starmer ha commentato che il movimento ha perso la fiducia della “working class”, non comunque quella dei londinesi che hanno espresso la preferenza a Sadiq Khan, al secondo mandato da sindaco. E se l'elettorato della classe operaia ha virato sul populismo di destra, anche quello storicamente di area conservatore appare fluido e meno ideologizzato di un tempo. Ma ancor di più questa elezione ci insegna che è il Regno Unito ad aver declinato l'interesse alla coesione.
Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi