Lo spettro delle elezioni anticipate regna in UK
di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - giovedì 27 settembre 2018 ore 13:39
Nel Regno Unito si fanno sempre più consistenti le voci di elezioni anticipate. Intanto, si consuma l'attesa per la nascita, già più volte annunciata in questi mesi, di una nuova forza politica: un partito ideologicamente moderato e geneticamente anti-Brexit, trasversale che vada ad attrarre coloro che manifestano malessere per governo e opposizione, stimati al 48%. Una “casa” per liberali convinti, conservatori e laburisti delusi. Il recente sondaggio dell'agenzia BMG pubblicato da alcuni quotidiani vede la maggioranza dei britannici favorevole a votare per un movimento centrista. Un progetto più volte invocato dall'ex premier Tony Blair, “sfrattato” dal Labour e regista occulto di quella che potrebbe portare ad una drammatica scissione all'interno della sinistra: la componente blairiana è minoritaria rispetto all'attuale indirizzo “socialista” di Corbyn. In un quadro politico dove le uniche vere novità sono il ritorno dei populisti dell'Ukip e la buona crescita dei Liberali.
Calo di celebrità invece per Jeremy Corbyn, dopo un'estate turbolenta tra accuse di antisemitismo e scuse pubbliche. In evidente difficoltà a conciliare le due anime laburiste: quella pro e quella contro a restare nell'Ue. I laburisti, nei rilevamenti, sono stabilmente al primo posto con il 38%, un punto in più del centrodestra dei Tories. Trend negativo per l'inquilina di Downing street, l'indice di gradimento della May è intorno al 25%. La premier è sfiancata dai logoranti negoziati con Bruxelles, che hanno imboccato un percorso tortuoso in fondo al quale c'è l'incubo di un mancato accordo. Indecisa su quale soluzione abbracciare la May regge un esecutivo che cambia ministri in forsennata continuazione. Situazione che la indebolisce notevolmente, rendendola vulnerabile all'attacco, martellante, del suo ex ministro degli esteri Boris Johnson, intenzionato a spodestarla e far prevalere la separazione dura dall'Europa. Nel caso il “trumpiano” Johnson prendesse in mano la guida dei Tories è concretizzabile una cospicua fuga di parlamentari. Ma sul politico, già sindaco di Londra, incombono gossip che rimbalzano sulle pagine dei tabloid, frenandone la corsa.
Sia Corbyn che la May, su sponde opposte, condividono le pressioni del dibattito interno e il problema di evitare la dispersione di voti, in un contesto fluido dove oggi il 49% degli elettori non vuole la Brexit e il 41% invece sì. Per limitare i danni del prezzo del divorzio del secolo si prospetta una tornata lampo.
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Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi