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mercoledì 09 ottobre 2024

PSICO-COSE — il Blog di Federica Giusti

Federica Giusti

Laureata in Psicologia nel 2009, si specializza in Psicoterapia Sistemico-Relazionale nel 2016 presso il CSAPR di Prato e dal 2011 lavora come libera professionista. Curiosa e interessata a ciò che le accade intorno, ha da sempre la passione della narrazione da una parte, e della lettura dall’altra. Si definisce amante del mare, delle passeggiate, degli animali… e, ovviamente, della psicologia!

Adultescenza

di Federica Giusti - venerdì 05 luglio 2024 ore 08:30

Qualche settimana fa stavo ascoltando un’intervista a Quante Storie del collega Alberto Pellai che raccontava dell’adultescenza.

Pellai ci ricorda che “l’adultescente è un adulto che rinuncia ad abitare in pieno la propria adultità e rincorre l’idea che mettersi alla pari dell’adolescente di cui è l’educatore sia la posizione corretta”.

Spesso accade di vedere in terapia ragazzi, genitori o famiglie nelle quali si innesca questo tipo di dinamica attraverso la quale le responsabilità genitoriali decadono a favore di un’idea emotivamente più semplice di diventare amici, quindi pari, dei figli. Ed è lì che possono crearsi danni importanti, non nel qui ed ora, ma nel futuro prossimo.

Crescere figli è sicuramente ricerca di dialogo e condivisione, ma anche un continuo compromesso tra complicità ed autorevolezza.

Saper mettere i dovuti confini, i paletti come li chiamo io, significa restituire ai figli il loro valore, riconoscendo il nostro e il loro ruolo, non creando confusione ma, al contrario, permettere loro di comprendere cosa è possibile fare e cosa no.

Quando un genitore rinuncia al suo ruolo genitoriale diventando amico del figlio, non permette a quest’ultimo di crescere, proprio perché può sperimentare quello spazio che si crea tra autonomia e indipendenza.

Per di più, atteggiarsi a pari invece che ad educatori, non consente ai figli di comprendere il valore dello scontro, quel contesto di apprendimento entro il quale imparare cosa significa lottare per affermarsi, per conoscersi, per conoscere le proprie emozioni e sperimentare la frustrazione derivante dal limite.

La cosa più assurda è che i ragazzi si aspettano e vogliono dai genitori un comportamento più adulto e responsivo, in grado di essere per loro un contenitore, uno spazio simbolico nel quale potersi muovere liberamente e senza correre rischi.

Rinunciare ad educare per diminuire nel qui ed ora uno scontro che potrebbe essere costruttivo in futuro, finisce con il rappresentare un grande, grandissimo danno che facciamo ai nostri figli.

Federica Giusti

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